Da mesi ne parlo, da mesi ci penso e poi all’improvviso il 25 Aprile è arrivato.
Il 24 pomeriggio passa a prendermi Simone, carichiamo la bici sul mezzo e via in direzione Gaiole in Chianti, dove in serata ci avrebbero raggiunto gli altri compagni di viaggio.
In tutto cinque. Io, Simone (Zagor), Michele (l’Ansiano), Enzo (Il Capitano) e Pierangelo (Badile).
Raggiungere la Toscana non fu mai così complicato, tanto da non poterne più. Ore monotone in mezzo al traffico alla velocità di un triceratopo zoppo, guardando solo culi di auto e guard rail. Solo di tanto in tanto qualche scorcio lasciava intuire la bellezza del paesaggio in cui lentamente ci stavamo inoltrando. Un arcobaleno ci ha regalato uno scorcio di cielo sereno e ha distratto momentaneamente i nostri sguardi dal monotono susseguirsi della riga tratteggiata che divide le corsie di un’affollatissima autostrada maledetta.
Usciti dall’autostrada la zona si è subito svelata, mostrandoci, tra vigneti su dolci colline, cinghiali e volpi apparentemente stupite di incrociare il nostro cammino.
Finalmente arriviamo a Gaiole e dopo una meritata cena in trattoria sono inesorabilmente crollato nel letto. Mi succede spesso quando sono in vacanza. La preoccupazione di lasciare tutto in ordine al lavoro, la consapevolezza che manchi sempre qualcosa, mi tengono in quella tensione per giorni che poi improvvisamente si scioglie e mi fa crollare addosso quella stanchezza che ti abbatte inesorabilmente come un elefante viene abbattuto da un proiettile a punta cava, senza pietà.
Sveglio alle cinque, sento il respiro profondo dei miei compagni di stanza che ancora riposano. Si, i “miei”, perché in tarda serata a Simone si è aggiunto Pier, mentre Michele ed Enzo dormivano sul California di Michele.
Si fa colazione, si preparano le bici e comincia l’avventura.
Non fa caldo, ma a breve, con la prima salita, il fresco umido della mattina sarà solo un lontano ricordo. La tappa inizia subito con il botto, partiti da poco iniziamo già a riempirci gli occhi e l’anima con il superlativo panorama di questa verdeggiante Toscana primaverile.
Di tanto in tanto, in lontananza compare qualche borgo abbarbicato su una collina, accompagnato da filari di cipressi che sembrano condurre lo sguardo al punto più alto; il campanile dell’immancabile chiesa. Chissà se in Italia esiste un borgo, un paese dove non vi sia una chiesa.
A volte al posto dei borghi delle ville bellissime, che viene da chiedersi chi potrà mai abitare in posti così belli e così sperduti. In quei tratti di strade bianche, quasi sempre in salita, tutti i sensi erano coinvolti e avvolti dal viaggiare. Ci si sente immersi, si annusano i profumi, si sente sulla pelle la differenza di temperatura e di umidità che c’è tra un tratto al sole e un tratto all’ombra. Si percepiscono più chiaramente i rumori, mentre le ruote sulla ghiaia producono un suono simile a quello di un bambino che scorrazza su un prato di grissini all’acqua.
Ora capisco quel tale che disse “in bicicletta tu non sei in viaggio tu sei IL viaggio”. Inebriato da tutta questa bellezza unita al piacere di condividerla con i miei amici, provato dalla fatica dei km e dei 1.635 metri di dislivello in un incessante sali scendi, dopo un ultima impegnativa salita; siamo arrivati alla fine della nostra prima tappa, a Montalcino.
Montalcino è famoso in tutto il mondo per i suoi vini, ma io me lo ricorderò per sempre per quell’ultima massacrante salita, per il suo splendido affaccio sulla valle sottostante condito con la grande soddisfazione di esserci arrivato pedalando e soprattutto Montalcino sarà indelebilmente unito ai visi stanchi ma felici di Michele, di Simone, di Pier e di Enzo il Capitano.
Il capitano è il perfetto compagno di viaggio, lui è sempre silenziosamente presente, non ti abbandona mai ed è sempre pronto da darti un suggerimento, un aiuto, una spinta. Senza il Capitano questo viaggio sarebbe stato orfano della sua componente più solida e rassicurante. Il Capitano, che proprio in quel giorno invecchiava di un anno.
Un anno, quante cose cambiano in un anno. Se penso ad un anno fa probabilmente non sarei stato in grado di fare tutto questo. Non avrei avuto la sicurezza e la certezza di poterlo fare.
Un anno fa, questo stesso giorno, mio papà se n’è andato e io voglio dedicare a lui questo mio primo viaggio, voglio dedicare a lui questa giornata incredibile, in cui i miei sensi si sono riempiti di bellezza e di serenità. Forse in una di quelle salite ho finalmente capito che anche se non ci sei più in realtà sei ancora dentro di me e ho capito che è ora di lasciarti andare, che non ho il diritto di tormentarti ancora. Ovunque tu sia sappi che ti voglio bene e ti ringrazio perché nel bene e nel male quello che sono lo devo anche a te e quello che sono oggi non mi dispiace affatto. Cose che si dicono sempre ma che non è facile sentire. Quanto ti sarebbero piaciuti questi posti papà. Guardali attraverso i miei occhi se puoi.
Dopo una perfetta cena toscana innaffiata da ottimo vino per festeggiare il Capitano e una bella dormita siamo pronti in perfetta tabella di marcia per affrontare il secondo giorno di questo già epico, anzi eroico viaggio.
Si inizia con una discesa che ci da subito una bella svegliata con l’aria gelida che ci taglia il viso.
Apparentemente, ma solo apparentemente, le pendenze in questa seconda mattina di viaggio sembrano un pochino più dolci. In realtà scopriremo poi che questo secondo giorno ci metterà tutti alla prova, ma ci regalerà la soddisfazione di una giornata quasi perfetta, con un clima perfetto, l’umore alle stelle e il mood ideale per condividere risate, simpatia e buon vino.
Si, buon vino, e a mezza mattina, come quelli veri. A Lucignano godiamo di un ottimo San Giovese ridendo e scherzando insieme anche a una coppia di cicloturisti piemontesi incontrati sul posto.
Poi via che si riparte per affrontare quelle che si dimostreranno essere le più dure salite dell’intero viaggio. In particolare da Asciano a Monte Sante Marie.
Poi via felici e contenti verso Castelnuovo della Berardenga. Proprio quando credevo di non dover più spingere ecco che si palesava di fronte a me l’ennesima salita.
Ma la Toscana è così, non finisce mai. Dice bene Michele detto l’Ansiano. Michele è un saggio con lo spirito di un bambino nel corpo tenace di un “ragazzo” di mezza età. Vorrei anche io avere sempre il suo spirito e la sua tenacia. Michele non molla mai e trova sempre il modo per fare e per farci fare una risata.
Ridendo e scherzando arriviamo anche a Castelnuovo, se possibile ancora più felici della sera prima. Infondo questa è la Toscana che tutti noi avremmo voluto e lungo il percorso permanente dell’Eroica, oggi, l’abbiamo davvero trovata.
Ci svegliamo con la pioggia il mattino successivo. Il cielo è triste perché noi siamo al nostro ultimo giorno di viaggio … il solito esagerato. Piove perché piove, punto. Noi, comunque ci prepariamo e partiamo, se pur posticipando di un poco la partenza onde evitare di prendere la pioggia battente. Partenza in discesa anche questo ultimo giorno, per la tappa più breve del tour. Stranamente anche Zagor è coperto, lui che di solito è il più caloroso. Sono sue le tracce di questo giro è lui il ciclo viaggiatore seriale del gruppo ed è anche grazie a lui se mi sono avvicinato alla bicicletta. Ci accomuna da sempre la passione per la fotografia, da li arriva la nostra conoscenza. Di tanto in tanto lo incontravo in bicicletta e mi raccontava con passione dei suoi viaggi, delle sue uscite lungo il fiume. Da li è nata in me la curiosità verso questo mondo che poi mi avrebbe portato, di li a qualche anno, a diventare a mia volta un adepto di questo fantastico vizio del muoversi in bicicletta. L’unico impavido del gruppo è Pier, che rimane, anche con la pioggia, nel suo impeccabile completo da ciclista. Lui è il più ciclista di tutti con un passato da agonista e un presente da pro del mondo di questo mondo. Super esperto e nostro fashion reference.
La pioggia cessa quasi subito in realtà e ci regala un’ultima tappa con persino qualche momento di sole. In realtà è più l’acqua e il fango che ci inzacchera da terra della pioggia che ci ha bagnati dal cielo. Arriviamo così piuttosto infangati a Gaiole, nel punto da cui eravamo partiti, al cospetto del gallo che pare osservarci sereno e incurante di noi e delle nostre fatiche, dei nostri sorrisi, della nostra soddisfazione. Sembriamo cinque bambini felici con il gelato in mano.
Quale modo migliore per concludere l’avventura con un buon pasto e del buon vino.
Ogni viaggio, ogni esperienza ci lascia qualcosa di unico ed indimenticabile. Questo viaggio mi ha lasciato la bellezza del paesaggio negli occhi. MI ha lasciato la consapevolezza del viaggiare in una dimensione umana, con un ritmo che permette di godere del percorso piuttosto che della meta. Si, sembra una frase fatta, ma non ho mai capito quanto fosse reale fino a questo momento. Mi rimane la ricchezza che deriva dall’aver condiviso tutto con i miei nuovi amici. Amici che devo ringraziare, tutti, indistintamente.
Grazie a Michele che mi ha fatto sorridere anche quando il sudore mi riempiva gli occhi e il fiato si faceva corto, che mi ha dimostrato che si può essere vivi e giovani anche da anSiani.
A Pierangelo che mi ha trasmesso un po’ del suo ordine, della sua disciplina e della sua attenzione per i dettagli. Perché è vero; sono i dettagli che fanno la differenza.
Grazie al Capitano, che non mi ha mai abbandonato e mi ha sempre saputo dare un consiglio, un suggerimento, per migliorare il mio essere ciclista pivello.
Grazie a Zagor che ha sopportato la mia lentezza infinita e si è prodigato per raccontare questo viaggio con un documento che per me ha un valore infinito.
E, anche se per questa volta è rimasto a casa, voglio ringraziare anche lo zio Luca, perché è grazie a lui se dopo aver iniziato non ho mai più smesso di andare in bicicletta e mi dispiace un sacco che in questo viaggio non ci sia stato anche lui a pedalare con noi e a godere di tutto quello di cui abbiamo goduto in questi tre giorni.
E infine grazie a me stesso per averci creduto fino in fondo, per essere riuscito ad abbattere il muro di lardo che mi divideva da una versione migliore di me.